Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: tutto quello che c’è da sapere

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – in inglese Recovery and Resilience Plan (RRP) – è il piano stilato dall’Italia per rilanciare la propria economia a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Il PNRR rientra nel programma dell’Unione europea denominato “Next Generation EU”: un fondo da 750 miliardi di euro per la ripresa europea (noto in inglese come Recovery Fund, ovvero “Fondo per la ripresa”). All’Italia sono stati assegnati 191,5 miliardi (70 in sovvenzioni a fondo perduto e 121 in prestiti). Scopriamo tutto quello che c’è da sapere!

Come nasce la denominazione PNRR

Con il termine “ripresa” si vuole evidenziare l’impatto economico e finanziario derivante dall’attuazione di questo Piano. L’obiettivo, infatti, è quello di ricostruire un tessuto economico e sociale, favorendo le opportunità legate alla transizione ecologica e digitale, così da poter creare occupazione e, allo stesso tempo, migliorare i servizi al cittadino (in primo luogo quelli riguardanti la salute e l’istruzione).

Il termine “resilienza”, invece, intende sottolineare la capacità di reazione alla crisi pandemica da parte di tutti gli attori in campo: stato, imprese e cittadini.

Le tappe principali del PNRR

Come nasce il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? Vediamo gli step principali:

  • Aprile 2020: nasce l’idea di un fondo per risollevare le economie degli Stati membri dell’Unione europea colpiti dalla pandemia.
  • Luglio 2020: l’idea viene formalizzata e approvata all’interno di un Consiglio europeo straordinario.
  • Gennaio 2021: approvata dall’allora “governo Conte II” una prima versione del PNRR che stabiliva l’utilizzo della quota del fondo spettante all’Italia (a seguito del subentrare del governo Draghi, il PNRR fu parzialmente riscritto).
  • 30 aprile 2021: il PNRR viene finalmente presentato alla Commissione europea dopo un iter alquanto articolato (deliberato in prima battuta dal Consiglio dei ministri, dopo essere stato sottoposto al voto di Camera e Senato, torna in Consiglio per un ulteriore passaggio). Il governo, inoltre, integra il PNRR con un Piano nazionale per gli investimenti complementari, utile a finanziare i progetti rimasti esclusi con uno stanziamento di risorse di 30,6 miliardi di euro (per un totale di investimenti pari a 222,1 miliardi di euro).
  • 22 giugno 2021: il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, incontra a Roma Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, e riceve l’approvazione definitiva del PNRR.
  • 3 luglio 2021: il governo lancia il sito web “Italia domani”, utile al monitoraggio degli investimenti e delle riforme previste dal PNRR.

La maggior parte dei fondi del Next Generation EU sarà erogata entro il 2025 e le risorse dovranno essere utilizzate entro il 31 dicembre 2026.

Inoltre, sono stati stanziati ulteriori 26 miliardi (entro il 2032) da destinare alla realizzazione di opere specifiche e per il reintegro delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione. Dunque, nel complesso, si potrà disporre di circa 248 miliardi di euro.

Infine, a tali risorse, si vanno ad aggiungere quelle rese disponibili dal programma REACT-EU (13 miliardi), relative agli anni 2021-2023.

Come si articola il PNRR

Il Piano si articola intorno a tre assi strategici condivisi a livello europeo:

  • Digitalizzazione e innovazione: l’Italia è un Paese in forte ritardo in questo campo e il recupero di questo gap deve portare a rendere le imprese italiane molto più competitivesui mercati.
  • Transizione ecologica: l’intento è avere un Paese con un’economia sempre più sostenibileper le generazioni future; questo focus si intreccia con il primo perché mira al miglioramento della competitività del sistema produttivo.
  • Inclusione sociale: in questo obiettivo rientrano la parità di genere, lavalorizzazione dei giovani come risorsa di sviluppo, il superamento delle differenze nel territorio italiano (tipicamente nord/sud).

Il PNRR, dunque, si sviluppa lungo 16 “componenti”, raggruppate in 6 “missioni”:

  • Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo;
  • Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica;
  • Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile;
  • Istruzione e Ricerca;
  • Inclusione e Coesione;
  • Salute.

Per ogni missione sono indicate le riforme (in totale 63), necessarie per un’efficace realizzazione degli interventi, così suddivise: riforme orizzontaliriforme abilitantiriforme settoriali e riforme concorrenti.

Principali azioni delle missioni

Missione 1. DIGITALIZZAZIONE, INNOVAZIONE, COMPETITIVITÀ, CULTURA E TURISMO:

  • Il 100% della popolazione connessa entro il 2026;
  • Connessioni veloci per 8,5 milioni di famiglie e imprese;
  • “Scuola connessa” per portare la fibra ottica in ulteriori 9.000 scuole;
  • Connettività a 12.000 punti di erogazione del SSN;
  • Approccio digitale per il rilancio di turismo e cultura.

Missione 2. RIVOLUZIONE VERDE E TRANSIZIONE ECOLOGICA:

  • Potenziamento riciclo rifiuti (+55% elettrici; +85% carta; +65% plastiche; +100% tessile);
  • Riduzione delle perdite di acqua potabile sulle reti idriche;
  • Ogni anno 50.000 edifici privati e pubblici più efficienti, per un totale di 20 milioni di metri quadrati;
  • Sviluppo della ricerca e del sostegno dell’uso dell’idrogeno nell’industria e nei trasporti.

Missione 3. INFRASTRUTTURE PER UNA MOBILITÀ SOSTENIBILE:

  • Modernizzazione e potenziamento delle ferrovie regionali;
  • Tempi ridotti sulle tratte ferroviarie (Roma-Pescara di 1h20; Napoli-Bari di 1h30; Palermo e Catania di 1h; Salerno-Reggio Calabria di 1h);
  • Investimenti sui porti verdi.

Missione 4. ISTRUZIONE E RICERCA:

  • 000 nuovi posti in asili nido per bambini fra 0 e 6 anni;
  • 000 classi trasformate in connected learning environments;
  • Ristrutturazione di scuole per 2,4 milioni di metri quadrati;
  • Cablaggio di 40.000 edifici scolastici;
  • 000 nuovi dottorati a partire dal 2021.

Missione 5. INCLUSIONE E COESIONE:

  • Un programma nazionale per garantire occupabilità dei lavoratori (GOL);
  • Un ‘Fondo Impresa Donna’ a sostegno dell’impresa femminile;
  • Più sostegni alle persone vulnerabili, non autosufficienti e con disabilità;
  • Investimenti infrastrutturali per le Zone Economiche Speciali.

Missione 6. SALUTE:

  • 288 nuove Case di comunità e 381 ospedali di comunità per l’assistenza di prossimità;
  • Fornire assistenza domiciliare al 10% degli over 65;
  • 602 nuove Centrali Operative Territoriali per l’assistenza remota;
  • Oltre 3.133 nuove grandi attrezzature per diagnosi e cura.

Come detto, il Piano prevede anche un ambizioso programma di riforme, finalizzato alla modernizzazione del Paese e a rendere il contesto economico più favorevole allo sviluppo dell’attività di impresa.

Il PNRR avrà un impatto significativo sulla crescita economica e della produttività. Il Governo prevede che nel 2026 il PIL sarà di 3,6 punti percentuali più alto rispetto a uno scenario base che non include l’introduzione del Piano.

PNRR e parità di genere

Tra gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza c’è anche quello di rilanciare l’occupazione femminile, aumentandola del 4%. L’articolo 47 del decreto Semplificazioni, infatti, ha stabilito che se si vuole ambire a vincere i bandi del PNRR bisogna aver presentato il rapporto sulla parità di genere ogni due anni. Non averlo fatto diventa un elemento di svantaggio nella gara tale da comportare persino l’esclusione.

Inoltre, il 30% delle assunzioni deve essere riservato a donne. Il piano prevede, da qui al 2026, l’introduzione di un sistema nazionale di certificazione della parità di genere che dovrebbe portare alla certificazione di almeno 800 aziende in sei anni. Poco più di 1,6 miliardi, poi, serviranno ad aumentare la quota delle ricercatrici a tempo determinato dal 34 al 40%. Infine, per il sostegno all’imprenditoria femminile sono stanziati 400 milioni che dovrebbero portare alla nascita di 2.400 nuove imprese femminili entro il 2026.

Il Sud arranca: pochi progetti e bandi prorogati

Per cercare di colmare il gap tra Nord e Sud, il PNRR assegna al nostro Mezzogiorno, che pesa per il 34% della popolazione, complessivamente ben il 40% delle risorse: 82 miliardi di euro per far ripartire un’economia con fortissime potenzialità di crescita.

Purtroppo, però, ad oggi sono molti i bandi del PNRR che vengono prorogati a causa della poca presenza di progetti che arrivano dai territori del Sud. L’ultimo esempio, in ordine temporale, è il bando da 2,4 miliardi sugli asili nido. Pur essendo le regioni del Sud quelle dove si fa più sentire la carenza di posti, le richieste sono state di gran lunga al di sotto dei finanziamenti disponibili (sui 328 milioni impiegabili per i comuni della Campania sono arrivate domande solo per 119, sui 300 della Sicilia solo per 71). Così, per permettere un allargamento della partecipazione, il bando è stato prorogato al 31 marzo.

E non si tratta della prima volta, infatti la medesima situazione si era già verificata con i bandi sull’economia circolare per il trattamento e il riciclo dei rifiuti da 2,1 miliardi. Ancora proroghe, fino al 31 marzo 2022, anche per il bando da 300 milioni per il recupero e la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie.

Con l’obiettivo al 2026 che pende, molte amministrazioni del Sud sono in affanno tra tempi stretti, carenza di personale con adeguate competenze e mancanza di un’organizzazione tecnica per far fronte a compiti complessi. Insomma, un allarme che comincia a crescere sui possibili ritardi della “messa a terra” del Recovery Fund.

 

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